08/02/15
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Dal ciclo solare al clima terrestre
Il clima terrestre sarebbe molto sensibile alle variazioni di energia legate alle macchie solari a causa di meccanismi sinergici che amplificano gli effetti di quelle piccole fluttuazioni
La quantità di energia emessa dal Sole fluttua secondo un ciclo che
dura 11 anni, e che gli scienziati seguono contando il numero di
macchie solari che appaiono sulla superficie dell'astro. Queste
fluttuazioni undecennali sono tuttavia relativamente piccole ed è
piuttosto difficile comprendere come esse possano avere effetti
significativi sul clima terrestre, anche se è stata indubiamente
rilevata una associazione fra il periodico picco di queste oscillazioni
e lo schema delle precipitazioni e della temperatura superficiale delle
acque del Pacifico.

Secondo un nuovo modello elaborato da Gerald Meehl e colleghi del National Center for Atmospheric Research
(NCAR), e illustrato in un articolo pubblicato su "Science", il clima
terrestre sarebbe eccezionalmente sensibile al ciclo solare per la
presenza di due meccanismi che operano in sinergia così da produrre un
ciclo di feedback capace di amplificare il piccolo effetto solare.


Il primo sarebbe un processo "dall'alto al basso", in cui le
fluttuazioni nell'energia solare producono una catena di reazioni che
influiscono in prima battuta sull'ozono stratosferico, per tradursi
quindi in un aumento delle precipitazioni tropicali. Il secondo sarebbe
un processo "dal basso verso l'alto", nel quale le relazioni fra oceano
e atmosfera sono influenzate dalle variazioni di energia solare
attraverso un aumento dell'evaporazione superficiale, le precipitazioni
tropicali, l'intensità dei monsoni e l'aumento delle temperature
superficiali delle acque.

Normalmente i modelli climatologici
in uso adottano l'uno o l'altro di questi mecanismi, ciascuno dei
quali, però, isolatamente preso non è in grado di spiegare l'intensità
dell'influsso dei cicli solari sul clima del pianeta, anche perché per
varie ragioni, non ultima la "dominabilità" del modello stesso,
ciascuno di essi rinuncia a una dettagliata analisi di alcuni fattori:
nei modelli down-up non è in genere presente una realistica
modellizzazione della stratosfera, negli altri è carente l'analisi
delle relazioni all'interfaccia fra la superficie del mare e
l'atmosfera.

Adottando una serie di ipotesi e semplificazioni
Meehl e collaboratori sono riusciti produrre un modello che unifica i
due approcci che ha permesso di riprodurre gli andamenti climatici
relativi alle precipitazioni e alle temperature delle acque
superficiali del Pacifico mettendole in buona relazione con i cicli
solari.

Il nuovo modello ha peraltro già sollevato le
critiche di diversi altri ricercatori che hanno osservato da un lato
che esso andrebbe testato su periodi più lunghi di quello che è stato
preso in considerazione dai suoi creatori, e dall'altro che il sistema
atmosfera-oceano è molto più complesso di quello che appare ipotizzato
nel modello. (gg)

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